Archivio maggio 2011

L’Umile Programmatore di Dijkstra

DijkstraPerché programmare viene in genere considerata un’attività difficile?

Molti pensano che scrivere programmare sia difficile da imparare se non si è portati.

Sono tra coloro che pensano che tutto si può imparare, data la necessaria dose di volontà e tempo a disposizione. Tuttavia riconosco che ci vuole una certa predisposizione, in particolare per la logica e la matematica, per diventare un buon programmatore.

Forse una risposta può venire da un articolo di Edsger Dijkstra, informatico olandese Premio Turing nel 1972, intitolato The Humble Programmer.

Nell’articolo Dijkstra spiega che la programmazione è una delle attività intellettualmente più impegnative perché è necessario tenere a mente contemporaneamente più livelli di astrazione: dal più basso, quello del codice, al più alto, l’interfaccia presentata all’utilizzatore, passando per una serie di livelli imposti dalla piattaforma sulla quale si sta lavorando e dall’architettura dell’applicazione.

In effetti è un’attività che richiede molta concentrazione per tempi prolungati.

Se si è bravi ad utilizzare concetti quali l’incapsulazione e l’indipendenza tra moduli, la complessità si riduce e diminuiscono i livelli da tenere a mente contemporaneamente, ma non c’è dubbio che sia comunque un’attività impegnativa. Per questo secondo Dijkstra il programmatore deve approciarla con la massima umiltà possibile.

Questo spiega, ad esempio, perché non sia così semplice rimpiazzare un programmatore in azienda: il codice è solo uno dei livelli di astrazione, gli altri risiedono nella mente di chi lo scrive.

E’ un articolo saggio e ancora attuale: mentre la potenza di elaborazione dei computer cresce (e i nostri cervelli no!), dovremmo adottare gli strumenti migliori (linguaggi di programmazione semplici ed eleganti) e trovare soluzioni gestibili.

Senza contare che porsi con umiltà nei confronti di attività impegnative può aiutare non solo nella programmazione.

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Meritocrazia e Regole

Meritocrazia e RegolePuò sopravvivere un Paese o un’azienda che non riconosce il merito?

Probabilmente sì, ma solo sopravvivere, perché nel rapido mercato globale è destinata a perdere competitività.

Ho letto i due libri, Meritocrazia e Regole, con interesse. Analizzano in approfondità temi importanti e spesso citati con superficialità in articoli e dibattiti sui media tradizionali.

Il primo libro di Roger Abravanel mi ha lasciato un’impressione decisamente ottimista: dopo una analisi del valore di riconoscere e premiare il merito, assieme alle buone pratiche a cui questo atteggiamento sociale può condurre in differenti contesti, dalle piccole aziende alla pubblica amministrazione, Abravanel lancia 4 proposte concrete per sviluppare la cultura del merito nel sistema Paese.

Il secondo, scritto da Abravanel insieme a Luca d’Agnese, mi ha lasciato invece un pò più pessimista, perché vengono sviscerate le cause che hanno condotto alla generazione di “circoli viziosi” delle regole nel nostro Paese, facendolo precipitare in fondo a numerose classifiche internazionali sulla competitività in diversi settori.

Serve quindi innescare “circoli virtuosi” delle regole, perché stabilire regole è importante, ma altrettanto importante è rispettarle, per capire quali di esse debbano essere annullate o modificate.

Se il sistema Paese rimane però vincolato al proverbiale “fatta la regola, trovato l’inganno”, di tornare competitivi non se ne parla nemmeno. 🙁

Personalmente ho l’impressione che tutto debba partire dalla scuola e da buoni insegnanti. Le proposte di Abravanel in merito sono fattibili e forse qualcosa si comincia a fare, lentamente, mentre i dinosauri che egoisticamente difendono le proprie posizioni si estinguono pian piano…

I libri sono una lettura utile anche per chi fa startup. Per definizione una startup deve agire velocemente per diventare competitiva, e nella mia esperienza ciò non è possibile se i membri della startup non comprendono a fondo quanto sia importante la meritocrazia.

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Lifting al Blog

LiftingPiù che un lifting, ho dovuto fare una vera e propria operazione di chirurgia plastica al blog!

E’ una metafora per dire che ho dovuto lavorare parecchio per sistemarlo: ho ricostruito l’intero database perché non ero più in grado di accedere al pannello di controllo di WordPress, temo a causa di una installazione non aggiornata o un plugin difettoso.

Ho quindi controllato e sistemato tutti i 219 post che ho scritto finora, sia in italiano che inglese, correggendo anche i link non più validi.

Rileggerli mi ha ricordato il motivo per cui bloggo: per raccogliere ricordi ed esperienze che ho vissuto in prima persona e condividerle, con l’auspicio che possano essere utili ad altri.

Tra i post più “cari” ad esempio c’è quello che ho scritto per la perdita del mio micio Willy.

Oppure quello con i video della prima intervista in TV… ehi, ma quanto tempo è passato? Sembravo proprio un giovincello! 😉

Oppure quello che ho scritto al ritorno dal Vespatour… insomma ogni post ha un suo perché, una piccola storia da raccontare.

Viviamo in un’epoca dove l’immagine è tutto, anche troppo, pertanto ho cercato di scegliere un tema grafico semplice ma accattivante, personalizzando Fusion di digitalnature.

Utili anche le due funzioni per l’accessibilità in alto a destra alle pagine: cliccando su Aa è possibile modificare la dimensione del testo, mentre <> modifica la larghezza della pagina.

Non poteva mancare un plugin che gestisse le opzioni di condivisione sui principali social network e per questo ho scelto quello realizzato da LinksKu.

Spero che il nuovo look piaccia, ma che siano sempre i contenuti il motivo che invoglia i visitatori a tornare.

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